Incontinenza urinaria femminile:
L’incontinenza urinaria è definita come perdita involontaria di urina (pipì) attraverso l’uretra, perdita che deve essere osservabile e di entità tale da creare un disagio psicofisico alla persona che si ripercuote poi sul suo stile di vita.
Di norma le perdite involontarie di urina inizialmente vengono vissute come dei semplici malesseri, ma nel lungo periodo e di solito con un peggioramento si trasformano in disagio psicologico profondo che alimenta un sentimento di inadeguatezza, di imbarazzo e di vergogna: la persona arriva pian piano ad isolarsi perché il problema si dimostra fortemente condizionante. Inoltre la diffusa credenza, peraltro sbagliata, che l’incontinenza sia associata solo all’invecchiamento contribuisce a tenere nascosta la problematica. La persona colpita evita magari i luoghi sconosciuti in cui non ha la certezza della disponibilità dei servizi igienici, spesso limita i rapporti sociali perché ha paura di avere odore di urina oppure limita o rifugge i rapporti sessuali, o semplicemente il dovere portare il pannolone è causa di depressione.
Se l’incontinenza urinaria non è pericolosa per la salute, se non in casi gravi in cui il quadro clinico è più complesso, si può affermare con certezza che abbassa la qualità della vita.
Diagnosticando in tempo questo disturbo si possono ridurre drasticamente i disagi ed in molti casi lo si può risolvere completamente.
Non esistono statistiche ufficiali in merito, tuttavia alcune stime parlano di 2,5 milioni di persone, solo in Italia, che soffrirebbero di incontinenza; ed inoltre si stima che almeno il 50% della popolazione anziana ne sia colpita.
Il sesso femminile è quello che ne soffre maggiormente.
Come viene diagnosticata l’incontinenza femminile?
Per quanto riguarda il sesso femminile la competenza medica del disturbo si spartisce tra la figura del ginecologo e quella dell’urologo. In realtà da un po’ di anni è stata creata la figura dell’uroginecologo, che risulta essere lo specialista di riferimento nei casi ci sia necessità di intervenire con un approccio diagnostico e terapeutico impegnativo.
APPROCCIO RIABILITATIVO
Molto importante è l’aspetto riabilitativo, che mira a rendere di nuovo la persona capace di controllare la ritenzione dell’urina. E’ un processo che deve essere personalizzato e consiste nel riallenare i muscoli del perineo, cioè la zona che si trova tra l’ano e la vagina, tramite alcuni esercizi che vengono già proposti in alcuni corsi preparto e consigliati anche nel periodo del post partum. Il 60-70% delle pazienti riscontra un miglioramento e, nel caso di incontinenza lieve, si ha quasi sempre una risoluzione totale del problema. Nei casi medio-gravi tramite la terapia riabilitativa si può arrivare ad evitare l’intervento chirurgico.
In particolare la fisiochinesiterapia si avvale di esercizi sia attivi che passivi che agiscono sulla muscolatura del pavimento pelvico: gli esercizi vanno eseguiti cercando di coordinare la postura ed il respiro. L’obiettivo è quello di tonificare i muscoli, di migliorare il riflesso della chiusura perineale in seguito a sforzo, di migliorare la sensibilità nel perineo in generale. Questi esercizi possono e devono essere eseguiti quotidianamente dalla paziente, anche da sola. Sono di solito necessari almeno 2 mesi prima di vedere qualche risultato, è comunque indispensabile l’impegno e la costanza della persona nell’effettuare gli esercizi consigliati.
Il bladder training (ginnastica della vescica) è un processo educativo costituito da esercizi simili a quelli già utilizzati nella fisiochinesiterapia, che però sono accompagnati anche dalla tenuta di un diario in cui la paziente registra le minzioni e dall’insegnamento a regolarizzare l’ingestione di liquidi con il fine di ridurre il numero complessivo delle minzioni. Il diario è un elemento importante perché serve a coinvolgere attivamente la paziente ed è un ottimo strumento di autoverifica dell’andamento della terapia ,che agisce di solito nell’arco di 2 o 3 mesi. Il bladder training è indicato nei casi di incontinenza mista e nella Sindrome della Vescica Iperattiva.
Esistono poi altre tecniche strumentali che però hanno alcune controindicazioni, ad esempio non possono essere praticate in gravidanza, in caso di malattie infiammatorie dell’apparato urogenitale o di neoplasie locali non trattate. Vediamo in sintesi queste tecniche:
- biofeedback è un metodo in cui tramite il posizionamento di alcuni elettrodi la paziente è in grado di percepire a livello visivo e/o uditivo le contrazioni muscolari del pavimento pelvico. E’ una sorta di rieducazione all’attività muscolare tramite un processo di consapevolezza. Gli elettrodi vengono posti sull’addome e sul perineo, questi rilevano l’attività muscolare della zona e la trasmettono ad un monitor attraverso il quale la paziente è in grado di riconoscere dei movimenti che magari fino ad allora aveva ignorato. Così facendo la persona acquista una conoscenza sempre maggiore del funzionamento dei muscoli pelvici, imparando a correggere la propria incontinenza tramite la contrazione del perineo.
- elettro-stimolazione e stimolazione magnetica, mentre la prima utilizza degli stimoli elettrici per fare contrarre la muscolatura del perineo, la seconda è una tecnica più innovativa ed utilizza dei campi magnetici in grado di intervenire in modo più mirato in quanto agiscono direttamente sulle polarità delle fasce muscolari. L’obbiettivo di queste due tecniche è uguale a quello delle precedenti e le modalità di esecuzione possono essere diverse a seconda di dove si posizionano gli elettrodi e dell’intensità di corrente o del campo magnetico applicato.
Tutte queste tecniche in sostanza mirano a:
- correggere le cattive abitudini come l’elevata frequenza delle minzioni;
- migliorare la capacità di controllo dell’urgenza;
- aumentare la capacità della vescica
- restituire alla paziente la fiducia nelle proprie capacità di controllo e la serenità nel proprio quotidiano e nella propria vita sociale.
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